Benvenuti alla 6a crisi sistemica del XXI secolo
- Patrick Trancu
- 9 apr
- Tempo di lettura: 2 min
Sono passati solo 25 anni dall'inizio del secolo e abbiamo già attraversato 5 crisi sistemiche: l'attacco alle Torri Gemelle, la crisi dei subprime, la crisi migratoria, il Covid, la guerra tra Russia e Ucraina. La 6a, se escludiamo quella climatica iniziata nel secolo scorso e ancora in corso, è stata innescata dai dazi di Donald Trump.
Non bisogna illudersi. Siamo in presenza di una situazione inimmaginabile con il crollo delle borse, del valore dei Treasury americani, l'abbandono delle regole del commercio internazionale, l'abbandono di alleanze, impatti sulle catene di approvvigionamento, la crescita di tensioni geopolitiche, una possibile recessione mondiale.
Questo è quello che possiamo osservare ma come sempre nelle crisi sistemiche si creano fratture profonde che emergono più tardi. Nei sistemi complessi basta un innesco a Washington per creare uno tsunami in altri continenti e Paesi. Ma in questo caso lo tsunami rischia di travolgere gli Stati Uniti stessi, che per altro stanno già vivendo un momento storico estremamente complesso, e lo stesso presidente degli Stati Uniti.
In realtà siamo oltre la crisi sistemica. Ci troviamo in una policrisi ovvero una situazione in cui più crisi interconnesse si verificano simultaneamente, creando un effetto complesso e cumulativo che è maggiore della somma delle singole crisi. Queste crisi — economiche, ambientali, geopolitiche, tecnologiche e sociali — interagiscono tra loro in modi imprevedibili, amplificandosi a vicenda e rendendo la loro navigazione estremamente complessa. La sfida, come evidenziato nel Rapporto sui Rischi Globali 2023 del World Economic Forum è quello di navigarle (certamente non sono gestibili) in un mondo frammentato.
Cosa fare? Le imprese, se non lo hanno ancora fatto e a prescindere dalla loro esposione ai dazi, devono prevedere effetti di rimbalzo, proiettare scenari e iniziare a navigare la crisi da oggi. Il Governo farebbe bene a smetterla di inviare messaggi "rassicuranti" e inviti alla calma e dovrebbe invece prendere le cose sul serio come ha fatto il Primo Ministro di Singapore con un messaggio chiaro e inequivocabile: il mondo è cambiato e quello che c'era prima non tornerà tanto facilmente. Prendere le cose sul serio significa anche ragionare sugli scenari con gruppi di lavoro formati da esperti. Poiché non abbiamo un sistema per la gestione di crisi arriviamo ancora una volta all'appuntamento impreparati. I cittadini devono abbracciare l'incertezza e fare affidamento sulle loro capacità individuali e di mutuo soccorso per comprendere, dare un senso e fare fronte a quanto sta accadendo oltre le divisioni politiche. Dobbiamo ricompattarci per fare fronte ad una sfida epocale. Così come devono fare anche i 26 Paesi Ue.
Sia chiaro il mio non è allarmismo. E' semplicemente il risultato dell'osservazione. Prima ne prendiamo atto meglio sarà per tutti.